GENERE: Drammatico, thriller
PAESE: Giappone
ANNO: 3 novembre 2020
REGIA: Tatsushi Oomori
CAST: Masami Nagasawa, Daiken Okudaira, Sadako Abe
DISTRIBUZIONE: Netflix
TRAMA
Shuhei si ribella al perverso controllo dell'imprevedibile madre, che sentendosi minacciata spinge la famiglia verso la tragedia.
RECENSIONE
Akiko è una madre divorziata, senza lavoro, che fa di tutto per poter sopravvivere e mantenere il figlio, con il quale sviluppa, nel susseguirsi degli eventi, un attaccamento morboso. Questo film, basato su un fatto realmente accaduto, racconta la difficile condizione delle madri single in Giappone, che vivono una situazione di precarietà, aggravata da molti fattori, tra cui il fatto di essere donne, ragione per la quale, se lavorano, sono sottopagate, e divorziate, aspetto che nel Sol Levante suscita ancora non poco scandalo.
Gli eventi sono drammatici, si percepisce la difficoltà di Akiko, che non ha dei buoni rapporti con la famiglia d'origine, dalla quale si è sempre sentita mal considerata, ed è molto legata al piccolo Shuhei, per il quale lo spettatore prova una grande pena. In esso si vede la dipendenza affettiva che nutre per la madre, una dipendenza da cui non riesce a liberarsi, nemmeno se gli si apre uno spiraglio che può permettergli un futuro migliore. Né l'invito del padre, né il sostegno di Aya, una giovane assistente sociale, lo scollano dalla sua relazione malata, nella quale subisce sfruttamento e viene portato a commettere atti disperati.
Una storia davvero struggente, che ci mostra la miseria nel mondo giapponese. Solitamente si pensa al Giappone come un paese ricco e sviluppato, non si sente quasi mai parlare di povertà, ma questa pellicola ci apre gli occhi su coloro che sono dimenticati dalla società, e ci fa rendere conto che la povertà esiste anche in questo paese tecnologicamente avanzato, e ci mostra quanto sia difficile, in tale paese, conservatore, vivere secondo le proprie regole, senza subire le pressioni delle norme sociali, e quanto questo si può riverberare sulla psicologia di chi viene oppresso. La cosa che manca, però, è la colonna sonora. Non sono molti i sottofondi musicali, e questo rende il film un po' spento, rallentandone troppo il ritmo e rendendo difficile la percezione all'evolversi degli eventi, e tutto ciò lo fa sembrare, più che altro, un film documentario.
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