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giovedì 27 febbraio 2025

Biancaneve e i Sette Nani



TITOLO: Biancaneve e i Sette Nani

TITOLO ORIGINALE: Snowhite and the Seven Dwarfs

MUSICA: Frank Churchill, Leigh Harline, Paul J. Smith

PRODUZIONE: Walt Disney Productions

REGIA: David Hand

PAESE: Stati Uniti

DURATA: 83 minuti

ANNO: 1937

TRAMA

Una bellissima e innocente principessa di nome Biancaneve, dalla pelle candida come la neve e la labbra rosse come ciliegie, cade vittima del’invidia della malvagia e vanitosa matrigna, la quale, temendo che la bellezza della figliastra possa surclassarla, trama per ucciderla. Presa di coscienza di questo terribile complotto, la ragazza fugge nella foresta, lontano dalla reggia, e troverà rifugio in una casetta abitata da sette nani che, incantati dalla sua bellezza, la accolgono calorosamente.

RECENSIONE



Specchio, servo delle mie brame
chi è la più bella del reame?

Erano gli anni ‘30 del XX secolo quando Walt Disney in persona ideò questo intramontabile lungometraggio che segnò l’inizio di una produzione di film animati che ancora oggi resiste fra alti e bassi, Biancaneve e i Sette Nani, una fiaba che ancora oggi c’incanta e ci affascina, ispirata alle famose opere letterarie dei Fratelli Grimm.

La trama pone delle basi semplici, ma tuttavia sviluppate in modo chiaro e conciso, con dei toni degni di una fiaba, qual vuol essere la storia di Biancaneve. Nonostante la sua semplicità, tuttavia il film è in grado di emozionare persino gli adulti, poiché c’è un giusto equilibrio fra gli aspetti infantili e quelli più vicini alla dimensione dello spettatore adulto. Uno dei momenti più forti è la scena della fuga di Biancaneve nella foresta nera, una parte che ha in sè molto pathos, ed è una delle cose più geniali che la Disney ha fatto, poiché ha rappresentato in modo eccelso il terrore che la principessa prova in quel frangente, in seguito al tradimento che avverte da parte della matrigna. Una scena che riesce a farci percepire le emozioni forti della ragazza, che è in preda ad un angoscia altrimenti indescrivibile. E non solo questo, ma anche la scena della trasformazione della regina Grimilde in una povera vecchietta è un altro momento forte, che ci ha incantato e al tempo stesso spaventato, soprattutto quando eravamo piccoli. Tutto questo è oggi cosa rara, nella Disney, che col tempo ha assunto dei toni sempre più dolci e poco inclini a scavare i lati più oscuri della nostra psiche.
Per quanto riguarda i personaggi, uno dei migliori è il nano Brontolo, che a molti spettatori è sempre risultato antipatico, e per altri è considerato un modello di vita. Effettivamente, Brontolo è un personaggio cinico, e fra i nani è l’unico che, inizialmente, si dimostra scettico nell’accoglienza di Biancaneve, temendo che lei possa tirargli addosso le ire della regina. Tuttavia Brontolo è un buon personaggio proprio per il suo cinismo, poiché, tralasciando il fatto che se fra i buoni non ci fosse almeno uno che crei disguidi sarebbe tutto noioso, il personaggio scettico è sempre utile per far da tramite tra la realtà di cui fa parte lo spettatore e quella di cui fanno parte i personaggi, è la voce del dubbio, la voce del mondo reale.



Oggi che ti ho trovata
ed amata, resta con me

Oltretutto, ciò che piace di Brontolo è il fatto che sia un personaggio dinamico, poiché egli passa da un iniziale ostilità nei confronti di Biancaneve all’accettazione e riconoscimento del suo valore. La protagonista stessa, invece, è in assoluto il personaggio meno dinamico, dato che lei, malgrado tutto quello che attraversa, si mantiene pura e innocente, incarnando pienamente il modello tradizionale di donna come angelo del focolare. Biancaneve, come protagonista, e ancora un personaggio parecchio stereotipizzato, per le epoche della realizzazione del film, è fin troppo perfetto e questo priva lo sviluppo della trama di evoluzione. Un personaggio che invece è parecchio piatto è il principe, di cui non si sa niente, e spunta fuori dal nulla, attratto solamente dalla bella voce di Biancaneve, con la quale sviluppa un rapporto con un semplice canto. Malgrado questo, gli eventi riescono a catturare e a muovere l’emotività dello spettatore, grazie all’atmosfera creata dalle abilità degli artisti e della colonna sonora, e i difetti che traspaiono bisogna sempre considerarli su una dimensione simbolica e fiabesca, per capire il reale valore della pellicola.
La genialità di Biancaneve e i Sette Nani sta anche nei suoi aspetti tecnici, molti dei quali erano considerati innovativi per l’epoca d’uscita, e che hanno posto le basi per le successive produzioni animate. Fra di esse abbiamo la multiplane camera, che conferisce profondità e tridimensionalità alle scenografie, e oltre a questa anche gli studi accurati dei movimenti umani, per i quali gli animatori hanno osservato diversi modelli, rendendo i movimenti più fluidi e naturali, curandosi persino di quelli labiali, facendo sì che venisse fuori un’animazione più in assoluto realistica. A porre delle buone basi è anche la presenza di canzoni, che hanno caratterizzato molti del successivi lungometraggi disneyani, dando vita a musical che ci hanno lasciato tanto soprattutto grazie alle loro melodie. Delle canzoni presenti nel film, una delle migliori è The Silly Song, cantata dai nani mentre passano momenti belli e divertenti insieme alla principessa, con dei toni tirolesi e rustici, che creano un bilancio nella drammaticità presente nella trama. Non da meno è l’iconica Hey Oh, la canzone che i nani cantano quando vanno a casa o a lavoro, che è quasi diventata un inno per i lavoratori.
Sebbene sia un film pieno di standard e poco dinamismo, Biancaneve e i Sette Nani resta un classico immortale, un cult del mondo dell’animazione e del cinema in generale, una perla che non può rimanere al di fuori della nostra cultura, senza della quale forse oggi il mondo dell’animazione non sarebbe mai diventato un fronte che ispira gli appassionati e gli studiosi.



Il sogno del mio cuor
è viver col mio amor

Voto: 4,5/5






domenica 23 febbraio 2025

September 5 - La diretta che cambiò la storia

 
 

TITOLO: September 5 - La diretta che cambiò la storia

TITOLO ORIGINALESeptember 5

ANNO DI PRODUZIONE: 2024

GENERE: drammatico, storico

PAESE DI PRODUZIONE: Germania, Stati Uniti d'America

CASA DI DISTRIBUZIONE: Eagle Pictures

REGIA: Tim Fehlbaum

CAST: Peter Sarsgaard, John Magaro, Ben Chaplin, Leonie Benesch, Zinedine Soualem, Georgina Rich, Corey Johnson, Marcus Rutherford, Daniel Adeosun, Benjamin Walker, Rony Herman.

DURATA: 91 minuti  

TRAMA

Il 5 settembre 1972, durante le olimpiadi di Monaco, un commando di militanti palestinesi assalta gli appartamenti della delegazione israeliana uccidendo due persone e prendendone in ostaggio nove. La tv americana ABC, all'epoca prima emittente a trasmettere in diretta l'intero evento sportivo, si ritrova a     raccontare questo tragico fatto storico, ovviando a tutti i problemi di comunicazione e reperimento delle notizie  e immagini, tra cui alcune foto divenute storiche. Il giovano produttore Geoff, il dirigente televisivo Roone Arldge, l'interpreta tedesca Marianne e gli altri colleghi  trasformeranno la tragedia in un evento mediatico, e cambieranno la storia.

RECENSIONE

Roone Arledge:  Che  sta succedendo? - Marianne Gebhardt: Dei terroristi armati hanno attacco gli atleti israeliani.

Presentato all'ultima edizione del Festival di Venezia, September 5 - La diretta che cambiò la storia rappresenta una grande lezione di giornalismo senza mai cadere nella retorica celebrativa.

Ci sono alcune date storiche che restano impresse nella memoria collettiva di tutti noi, tra queste sicuramente troviamo il tragico  massacro degli atleti olimpici israeliani avvenuto il 5 settembre 1972, durante l'edizione di Monaco di Baviera delle Olimpiadi. Il film, più che raccontare il fatto storico in sé , si concentra maggiormente sul narrare la vicenda dei giornalisti sportivi dell'emittente americana ABC, che hanno trasmesso in diretta tutte le notizie riguardanti il sequestro, cambiando così per sempre la comunicazione giornalistica. September 5 - La diretta che cambiò la storia, per molti versi sembra rifarsi agli storici lungometraggi statunitensi degli anni 70, come ad esempio Tutti gli uomini del presidente di Pakula, pietra miliare di questo genere cinematografico. Il regista Tim Fehlbaum decide di mostrare tutti gli accadimenti di uno dei fatti che hanno maggiormente interessato e sconvolto il conflitto israelo-palestinese attraverso la caotica redazione collocata in Germania dalla ABC, mostrando così la rilevanza che può avere il giornalismo, con un tipo di comunicazione improvvisata che rivoluzionerà l'intero settore dei media.  

 

Questa è la nostra storia e c'è la teniamo stretta. 

Bellissimo è il cast  composto interamente da attori poco noti al grande pubblico, ma che rappresenta alla perfezione ciò che il regista vuole trasmettere.  In September 5 - La diretta che cambiò la storia è molto importante seguire i movimenti della macchina da presa, che il regista non ferma praticamente mai per trasmetterci tutta la tensione del momento.

September 5 - La diretta che cambiò la storia ha avuto solo una nomina agli Oscar per la miglior sceneggiatura, molto probabilmente meritava qualcosa di più, visto che alcune opere molto meno meritevoli di questa ne hanno ottenute ben di più, ma si sa che gli Oscar non sono necessariamente l'oracolo del profeta.

Dovete capire quanto sia delicata la situazione.


Voto: 4/5 








mercoledì 19 febbraio 2025

Koda, fratello Orso



TITOLO: Koda, fratello orso

TITOLO ORIGINALE: Brother Bear

PRODUZIONE: Walt Disney Pictures, Walt Disney Features Animation

MUSICA: Phil Collins, Mark Mancina, Bulgarian Women Choir

REGIA: Robert Walker, Aaron Blaise

PAESE: Stati Uniti d’America

DURATA: 81 minuti

ANNO: 2003

TRAMA

Quando un giovane ragazzo molto impulsivo, di nome Kenai, viene magicamente trasformato in un orso non gli resterà altra scelta se non guardare il mondo con occhi diversi e apprendere importanti lezioni di vita. Attraverso scenari mozzafiato, animati in maniera magnifica, Kenai incontrerà tutti gli animali selvaggi che abitano la foresta, tra cui la spassosa coppia di fratelli alci Rocco e Fiocco, pelosissimi mammut, montoni e tanti altri!

RECENSIONE



Il mondo è pieno di magia
L’inverno lascia posto alla primavera
Tutto scorre e si trasforma continuamente

Sono orgogliosa di parlarvi un Classico Disney eccezionale. Si tratta di un titolo della Experimental Age (anni 2000-2008), che alla sua uscita fu considerato un flop e che io riprendo in considerazione, scoprendone il suo sottovalutato valore. Sto parlando di Koda, fratello orso, un film in cui l’animazione tradizionale dei personaggi si mescola con i background in grafica digitale, nel quale viene raccontata una storia di amore in una forma spirituale, tra i paesaggi dell’America del Nord-Est, nell’epoca del Pleistocene, quando i mammut vagavano ancora sulla Terra.

La trama pone delle basi interessanti, presentando una storia che parla di amore, di crescita e di maturazione, e lo fa su uno sfondo mistico ed esotico, raccogliendo elementi di tribalismo, leggende e culture native. Tutto comincia in un villaggio inuit, abitato da tre giovani fratelli, Sitka, il maggiore, Denahi, il mediano, e Kenai, il minore e il quale è prossimo a diventare un adulto. Gli eventi sono presentati con dei toni molto reali e maturi, raccontando la vita dei tre fratelli nel loro villaggio, e rappresentando i personaggi con delle caratteristiche che vanno al di fuori degli standard comunemente considerati disneyani. La trama, tuttavia, inizia ad assumere dei tratti più tipici, in seguito alla trasformazione di Kenai in orso, il quale diventa quasi una figura comica, cambiando da così a così. A rendere tutto ancora più disneyano è la comparsa del coccoloso cucciolo d’orso Koda, che guiderà Kenai attraverso i boschi, in un viaggio che lo dovrebbe riportare alla forma umana, e la presenza dei due alci stupidotti, Rocco e Fiocco. Un altro aspetto particolare della trama è che tra i personaggi non c’è una reale dicotomia tra buoni e cattivi, e anzi esistono solo sfumature e punti di vista. Questo tratto era già stato in parte preso in considerazione con Il Pianeta del Tesoro, ma in questo film viene sviluppato al meglio.
I personaggi sono caratterizzati con tratti del tutto realistici, soprattutto nella parte che precede la trasformazione. I tre fratelli sono decisamente molto umani, con molti lati di personalità, senza incarnare stereotipi e senza essere dei personaggi fatti e finiti. Sono realizzati in modo che sembrino dei ragazzi veri, dei normali adolescenti con le loro frustrazioni, insicurezze e paure, ma anche con il loro lato spavaldo. Kenai è il tipico adolescente focoso e impulsivo, talmente ansioso di dimostrasi adulto, che arriva spesso ad esagerare. Denahi rappresenta una personalità più pompata, dotato di presenza di spirito, per il quale si diletta a prendere in giro Kenai. Sitka, invece, è il più adulto dei tre. Ha un carattere molto maturo e consapevole, duro e al tempo stesso paziente coi fratelli. Non di minor importanza, tuttavia, è anche il personaggio di Koda, che rappresenta invece l’infanzia, e ha la stessa spontaneità e vivacità dei bambini. In qualsiasi caso, tutti i personaggi principali sono molto dinamici, la loro evoluzione viene percepita in modo intenso, senza che mantengano troppi tratti intatti. Il personaggio che, personalmente, ho trovato più dinamico e Denahi, che all’inizio si dimostra buffone e un po’ stupido, per non dire anche sarcastico e cinico. Successivamente, però, diventa più serio e inizia una graduale evoluzione in negativo, per poi redimersi e uscirne anche lui trasformato. La sua trasfomazione è senz’altro quella che si percepisce più a occhio. Il personaggio che invece è meno dinamico è proprio Koda, il quale, nonostante abbia anche lui una fase di passaggio, tuttavia la sua innocenza e la sua freschezza si mantengono intatte; Koda è più che altro un personaggio svolta, il cui scopo è far crescere Kenai. Per quel che riguarda Sitka, anche lui può sembrare, in parte, un personaggio con scopo solo funzionale, ma rispetto a Koda è più dinamico, dato che comunque subisce anche lui una palese trasformazione. Giudicando in maniera obbiettiva, Sitka è senza dubbio il miglior personaggio, se lo si guarda dal punto di vista della sua maturità e della sua capacità di essere una guida per i fratelli, di essere buono sia come capo che come uomo.



Yes, I’m on my way!

Da un punto di vista tecnico, il film è davvero incredibile. Presenta degli scenari molto elaborati, e i personaggi hanno un bellissimo character design, frutto di studi approfonditi, che traggono spunto dal popolo inuit e molto anche dagli animali, soprattutto gli orsi, che vengono resi in un modo originale. Come anticipato, l’animazione in 2D si fonde con il 3D, migliorando l’aspetto visivo e aggiungendo profondità alle scene, creando inoltre una perfetta armonia tra una tecnica più aggiornata e quella dei vecchi nostalgici classici. Il formato della visione parte in 1,75:1 e segue il formato 2,35:1 dopo la scena della trasformazione, come simbolo del cambio di prospettiva da parte di Kenai che passa dall’essere umano ad essere un orso. Tra le scene meglio rese, una è certamente la trasformazione, un momento pieno di magia, che lascia lo spettatore a bocca aperta, incantato dalle note della canzone cantata in lingua inuit dal Bulgarian Women Choir, rendendo la visione una sublime esperienza mistica.
E a proposito di canzoni, qui cominciano le note dolenti, dato che l’adattamento italiano non ha reso bene più di tanto, e anzi fa perdere molta potenza, soprattutto per Great Spirits e On my Way. In merito alla prima, cantata da Phil Collins e adattata per il film da Tina Turner, la cosa che meno mi è piaciuta, è che non ha evidenziato a dovere il legame tra i tre fratelli; in essa, la parte dedicata ai tre ragazzi viene descritta, in italiano, coi seguenti versi: Nella prateria vivevano insieme/Tre fratelli soli laggiù. In originale, l’amore fraterno che li lega è esternato in modo più esplicito: In this wilderness of danger and beauty/Lived three brothers bonded by love. La direzione delle canzoni è stata data proprio al grande Phil Collins, che già aveva collaborato con la Disney per Tarzan, e qui ritorna con la sua voce profonda che aggiunge un tocco in più di misticismo. Per il resto, tralasciando le parti cantate, la colonna sonora, diretta da Mark Mancina, ha reso al massimo l’idea del contesto tribale, combinando la musica d’orchestra con la musica di strumenti etnici. Al contrario delle canzoni, l’edizione italiana rende meglio dal punto di vista del doppiaggio, sul piano emotivo, con degli attori fantastici (Stefano Crescentini come Kenai, Nanni Baldini come Denahi, Fabio Boccanera come Sitka e Alex Polidori come Koda), che riescono a dare pathos ai loro personaggi, rendendo il loro sentimenti e le loro emozioni forti, intense e coinvolgenti. Se però osserviamo il doppiaggio da un punto di vista di senso, è migliore quello originale, soprattutto se consideriamo le le battute ironiche di Denahi. Nei minuti iniziali, questi chiama Kenai, prendendolo in giro, Baby brother, tradotto in italiano come Fratellino minore, termini che fanno perdere molto dell’impatto che la battuta ha in sè, e che sono stati compensati da Nanni Baldini facendo leva sul tono della voce.
In merito ai temi che vengono rappresentati, la Disney ha fatto senz’altro qualcosa di originale, per i tempi in cui il film è uscito, poichè ha oltrepassato quelli che venivano considerati i suoi tradizionali schemi, raccontando una storia piena di drammi, che non escludono la presenza della morte, evocata dal sacrificio di Sitka e dall’uccisione della mamma di Koda. Tuttavia però non possiamo certo aspettarci che un Classico Disney superi una determinata soglia, perché la drammaticità viene comunque smorzata da edulcoramenti, interpretazioni sobrie e parentesi comiche, fatti appositamente per creare un giusto bilancio di toni che rendesse la visione accessibile a tutte le età. Questo può risultare quasi frustrante, se si guarda il film con un punto di vista adulto e si desidera provare delle emozioni più forti. Insomma, la storia parte con uno sfondo spaccatamente realistico e drammatico, seppur con qualche tratto di umorismo, e poi per quasi tutta la fase del viaggio di Kenai per tornare ragazzo è tutta allegria e sorrisi. La drammaticità viene restituita al film nelle sequenze finali, ponendo un lieto fine poco disneyano, non del tutto accomodante, che ci lascia un senso di dolceamaro, facendoci provare un misto di gioia e malinconia. Se Koda, fratello orso fosse stato un manga o un anime, non si sarebbe certamente risparmiato coi drammi, e avrebbe fatto sentire tutto il pieno della sua complessità, sia nella trama, sia nei personaggi che nei temi presi in considerazione.

Tuttavia Koda, fratello orso è un Classico Disney indimenticabile, una scoperta sia per i nostalgici che per le nuove generazioni; una storia che racconta un amore che va al di là dei normali standard cinematografici e che ha in sè qualcosa di profondo e universale.


Brothers all the same

Voto: 4,5/5













domenica 16 febbraio 2025

Captain America: Brave New World

 


TITOLOCaptain America: Brave New World

TITOLO ORIGINALE: Captain America: Brave New World

ANNO DI PRODUZIONE: 2025

PAESE DI PRODUZIONEStati Uniti d'America

GENERE: azione, fantascienza, avventura

CASA DI DISTRIBUZIONE: Walt Disney Studios Motion Pictures

REGIA: Julius Onah

CAST: Anthony Mackie, Danny Ramirez, Shira Haas, Xosha Roquemore, Carl Lumbly, Giancarlo Esposito, Liv Tyler, Tim Blake Nelson, Harrison Ford.

DURATA: 118 minuti 


TRAMA 

Il nuovo capitolo del nuovo film targato Marvel porta avanti le vicende di Sam Wilson, il nuovo capitan America interpretato da Anthony Mackie, che è affiancato da un gigante che entra a fare parte del MCU (Marvel Cinematic Universe): Harrison Ford nei panni di Thaddeus “Thunderbolt” Ross.

RECENSIONE

Possiamo creare un mondo migliore.


Era il 2011 quando usciva nelle sale il primo Captain America interpretato da Chris Evans. A quasi quindici anni di distanza, la Marvel propone una nuova versione dell'iconico supereroe interpretato da Anthony Mackie.

La Marvel, dopo il grande successo della saga degli Avengers, sta ora invece collezionando tutta una serie di insuccessi. Ora, nel tentativo  di avviare una nuova fase, ci prova con Captain America: Brave New World, che però  non si differenzia dalla regola applicata dalla Marvel agli ultimi suoi prodotti, ovvero la necessità di vedere tutte le serie televisive per poter capire i film, creando così molta confusione. Si tratta comunque del  prodotto più riuscito degli ultimi anni, insieme a Deadpool & Wolverine. L'idea migliore di tutto il film è quella di fare interpretare ad Harrison Ford, che è stato chiamato a sostituire il compianto William Hurt, il presidente degli Stati Uniti, ed è una scelta più che azzeccata pensando a tutti i personaggi iconici che ha interpretato nella sua straordinaria carriera.


 

Signore, la sua cerchia ristretta è compromessa. Non so se non riesce o non vuole vederlo.


La parte più convincente della pellicola, a livello di trama,  è la conflittualità tra i personaggi di Ford e Mackie, che diviene il punto centrale del film. Si nota comunque troppo il peso che ha nel lungometraggio il dover avviare la quinta fase del MCU e uno dei principali difetti è proprio l'inserimento di personaggi provenienti dalle serie televisive che, come si è già detto,  risultano sconosciuti a chi non le ha viste e creano confusione nello spettatore del solo film.

Seppure con queste pecche e con la presenza di buchi di trama, Captain America: Brave New World riesce ad intrattenere il pubblico sfruttando anche il talento di uno dei massimi protagonisti del cinema d'intrattenimento e di avventura, che è appunto Harrison Ford, il quale si conferma la leggenda che conosciamo.


Il potere globale sta cambiando. Sei solo una pedina.


Voto: 3/5



 






martedì 11 febbraio 2025

"Best Supporting Actor. Luci, motore... attrazione!", di Joanna Chambers & Sally Malcolm

 


TITOLO: Best Supporting Actor. Luci, motore... attrazione!

TITOLO ORIGINALE: Best Supporting Actor

SAGA: Creative Types #3

AUTRICI: Joanna Chambers e Sally Malcolm

CASA EDITRICE: Triskell Edizioni

GENERE: Romance MM contemporaneo

PAGINE: 324

DATA DI PUBBLICAZIONE: 23 settembre 2024

PREZZO EBOOK: € 5,99

PREZZO CARTACEO: € 16,90



TRAMA



Quando Tag O'Rourke, attore in difficoltà e barista, incontra Jay Warren, figlio d'arte, è odio a prima vista. Odio... e attrazione. Il sogno di Tag di diventare una stella del cinema si sta sgretolando sotto il peso del debito studentesco e dei problemi finanziari della sua famiglia. Se la sua carriera non decollerà presto, dovrà trovarsi un vero lavoro. Dopo tutto, nutrire la famiglia è più importante che nutrire la sua anima. Fortunatamente la sua grande occasione è dietro l'angolo. Jay non ha mai voluto fare l'attore, è sempre stato destinato a seguire le orme della sua famosa madre. Ma la fama ha il suo prezzo e un'esperienza traumatica all'inizio della carriera gli ha lasciato una paralizzante paura del palcoscenico, motivo per cui si limita a lavorare in una televisione ed evita a tutti i costi le relazioni con le co-star. Sfortunatamente, il suo mondo sicuro sta per essere scosso.



RECENSIONE



È la fiducia la chiave di tutto. L'uno nell'altro e in voi stessi. Affidatevi le reciproche vulnerabilità, e avverrà la magia.



Sarò un po' di parte, avendo studiato teatro in prosa per tanti anni prima di passare alla scuola di musical, ma era da quando ho scoperto la copertina e la trama che smaniavo dalla voglia di leggere questo libro, l'ultimo della trilogia Creative Types. Stavolta i protagonisti sono Tag O'Rourke, il barista e aspirante attore angloirlandese amico di Aaron, e Jay Warren, figlio d'arte nonchè star di Sanguisughe, la serie televisiva creata da Lewis. I due si incontrano alla festa aziendale di Halloween raccontata nel primo volume, ed è odio a prima vista, al punto da farli diventare rivali in una gara di finti appuntamenti con Mason, che dura fino alla cerimonia  di premiazione descritta all'inizio del secondo libro. Quella stessa sera, inaspettatamente, rimangono soli e vivono un momento di grande passione che però si conclude in malo modo. Il giorno dopo arriva la sorpresa: sono stati scritturati entrambi come protagonisti di uno spettacolo teatrale su due poeti della prima guerra mondiale. Per Tag, che è in grande difficoltà economica e finora ha sempre avuto ruoli marginali, questa è l'occasione di lanciare la sua carriera come ha sempre sognato, mentre per Jay, messo sotto pressione dalla madre diva, è un modo di rimettersi in pista nel mondo del teatro dopo un trauma subito dieci anni prima, che lo ha spinto a limitarsi all'ambito televisivo. Così, nonostante i trascorsi, i due si preparano a trascorrere insieme sei settimane di prove a York, e mentre l'attrazione che hanno sempre cercato di negare cresce, persone senza scrupoli si fanno loro intorno come avvoltoi.

E l'Oscar per il libro più bello della trilogia va a, rullo di tamburi... Best Supporting Actor, la miglior conclusione che potessi desiderare. Vorrei mandare tanti complimenti e abbracci alle due autrici, che hanno fatto centro ancora una volta con una storia romantica, divertente, commovente e profonda, ambientata nel mondo che per me è e sarà sempre casa: il teatro, anche stavolta visto nelle sue luci e nelle sue ombre. Da un lato c'è la meraviglia di preparare uno spettacolo partendo da zero, con studi sul personaggio, prove su prove, l'adrenalina e la paura che aumentano a dismisura con l'avvicinarsi della prima rappresentazione in pubblico, il legame stretto tra cast, autori e regista. Dall'altro c'è la difficoltà di riuscire a entrare in questo mondo se non si hanno agganci, e viene denunciata la crudeltà di certi attori egocentrici disposti a pugnalare gli altri alle spalle pur di rimanere al centro dell'attenzione, e di certi critici/giornalisti alla Miguel Ramos sembre a caccia di pettegolezzi e con la penna distruttiva più avvelenata della mela di Biancaneve. Sono proprio loro gli antagonisti, e mi hanno fatta arrabbiare così tanto che avrei voluto rinchiuderli in una capsula spaziale e mandarli alla deriva nello spazio, nella speranza che venissero inghiottiti da un buco nero (anche se persino lui probabilmente li risputerebbe). Per fortuna, come sempre, abbiamo anche personaggi secondari interessanti e positivi, e due protagonisti favolosi, che se nelle prime comparsate mi avevano incuriosita, qui mi hanno conquistata definitivamente, in particolare Tag, in cui mi sono in parte riconosciuta perché anch'io come lui sono divisa tra il lavoro ai catering e affini e la scuola di teatro (musical nel mio caso specifico). È un ragazzo esuberante, orgoglioso, forte e determinato, che lotta con le unghie e con i denti per emergere nel mondo della recitazione e far sì che il suo talento venga riconosciuto, in modo da poter aiutare la sua famiglia senza fare più lavori saltuari o centellinare il denaro, ed è anche premuroso, adorabile e altruista. Jay invece è un figlio d'arte (con una madre stella del teatro piuttosto invadente e fratelli dalle carriere prestigiose) a cui tutte le opportunità sono state servite su un piatto d'argento, ma ha un animo sensibile, riservato, sente addosso la pressione delle aspettative e in passato ha subito un grosso trauma che lo ha spinto non solo a limitarsi a rimanere nell'ambito della televisione, ma anche a indossare una maschera nella vita reale per proteggersi. La loro storia d'amore, che si sviluppa a passi piccoli, è davvero splendida: unisce due anime appartenenti a contesti sociali ed economici differenti, ed è bellissimo vedere come piano piano iniziano a crescere insieme umanamente e artisticamente (le scene in cui recitano sono fantastiche e rese alla perfezione, così come i momenti romantici passionali), a comprendersi, a donarsi l'uno all'altro, a prendersi cura l'uno dell'altro con tanta fiducia e tanto amore.






-Sai, si tratta di fiducia. Fiducia nell'altra persona, nel suo supporto. Nel poter essere vulnerabili. È sempre difficile, ma se hai quella fiducia... è possibile.

-Stai ancora parlando di teatro?

-Sto parlando di tutto. Di teatro,sì, ma anche della vita. E dell'amore.



Questo libro non parla soltanto di amore e recitazione. Le autrici, cosa che ho molto apprezzato, hanno infatti dedicato spazio anche alla salute mentale, trattata allo stesso tempo con cura e realismo. I momenti difficili e dolorosi non mancano, naturalmente, ma ci sono anche speranza, tenerezza e passionalità, e soprattutto c'è un bellissimo messaggio che rende il titolo un fantastico gioco di parole: la fiducia è la chiave. Bisogna fidarsi di se stessi e dell'altra persona, del fatto che, se ci ama davvero, ci donerà senza riserve tutto il suo supporto, rendendoci possibile essere vulnerabili al suo fianco. E tutto questo emoziona.

Best Supporting Actor è un romanzo splendido che scalda il cuore, e credo che la trilogia non avrebbe potuto concludersi in modo migliore (una menzione speciale al bis, dove ritroviamo alcune nostre vecchie e amate conoscenze). Ringrazio tanto Joanna Chambers e Sally Malcolm per averla scritta, e Triskell Edizioni per averla portata in italiano. Speriamo in adattamenti cinematografici.



Puoi fidarti di me. Ti supporterò sempre.



VOTO: 5/5





lunedì 10 febbraio 2025

The Brutalist

 

TRAMA: The Brutalist

TITOLO ORIGINALE: The Brutalist

ANNO DI PRODUZIONE: 2024

PAESE DI PRODUZIONE: Stati Uniti d'America

GENERE: epico, drammatico, storico

CASA DI DISTRIBUZIONE: Universal Pictures International Italy 

REGIA: Brady Corbet

CAST: Adrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Raffey Cassidy, Joe Alwyn, Stacy Martin, Emma Laird, Isaach de Bankolé, Isaach de Bankolé, Michael Epp, Jonathan Hyde, Maria Sand, Salvatore Sansone, Peter Polycarpou, Ariane Labed.

DURATA: 215 minuti  


TRAMA

Tre decenni di vita dell'architetto ebreo László Tóth, un sopravvissuto ungherese dei campi di concentramento nazisti,  emigrato negli Stati Uniti nel 1947. Gli inizi in America sono difficili, per le necessità economiche e l'impossibilità di poter portare con sé sua moglie Erzsébet e la nipote Zsofia, ma grazie al cugino Attila a László viene commissionata la ristrutturazione di una biblioteca dal milionario mecenate Harrison Lee Van Buren. Il lavoro di Tóth porta prestigio a Van Buren, che decide di affidargli un progetto mastodontico: la costruzione di un centro culturale e luogo di aggregazione destinato a ospitare nello stesso edificio una biblioteca pubblica, una palestra e una cappella. Il lavoro di Tóth incontra molteplici difficoltà, per le diffidenze verso gli immigrati e per i continui tentativi di alterare il suo progetto originario, ma pur di difendere strenuamente il proprio lavoro, arriva ad investire parte dei propri profitti.

RECENSIONE

Harrison Lee Van Buren: Sono lavori suoi, è giusto? - László: Sì - Harrison Lee Van Buren: Tutti?- Lászlò: Sì - Harrison Lee Van Buren: Perché un affermato architetto straniero si ritrova a spalare carbone a Filadelfia? - László: Temo che non sia semplice come sembra. C'è stata una guerra eppure molti degli edifici che ho progettato sono sopravvisuti. I miei edifici sono concepiti per sopravvivere anche all'erosione delle rive del Danubio.

Esce in Italia The Brutalist, il film con dieci nomine agli Oscar che racconta l'epopea immaginaria dell'architetto ebreo  László Tóth. La realizzazione dell'opera ha richiesto  al regista Brady Corbet dieci anni di duro lavoro.

The Brutalist racconta tre decenni delle vita dell'architetto László Tóth (che non è mai esistito ma è ispirato a diverse figure reali vissute verso fine degli anni 40),  il quale, dopo essere sopravvissuto ai campi di sterminio, emigra negli Stati Uniti, dove incontra molteplici difficoltà economiche e   soffre dell'impossibilità di ricongiungersi con sua moglie. Travolto dal dolore cade nelle dipendenze da stupefacenti. Ma la sua vita cambierà quando l'imprenditore Harrison Lee Van Buren gli propone la costruzione di un centro culturale e luogo di aggregazione per la comunità dove il magnate vive. 
In The BrutalistBrady Corbet riesce perfettamente a rappresentare il senso di riscatto per un deportato ebreo che nella realizzazione di un'opera architettonica vede un un senso di rivalsa sulle sue atroci sofferenze e la realizzazione di quella fertile illusione che è il sogno americano. Questo è il vero punto focale di The Brutalist, che attraverso la storia di László racconta anche il capitalismo americano.



Vi ho portati qui stasera perché vi uniate con me a guardare dinanzi a voi, verso il futuro.

Ma di mastodontico in The Brutalist non c'è solo il progetto architettonico che László vuole realizzare, lo è anche la durata stessa della pellicola (215 minuti) che, nonostante il film abbia rari momenti di noia, in certi momenti risulta eccessiva. Inoltre ci sono alcuni buchi di sceneggiatura, come la scena dove Harrison Lee Van Buren compie uno stupro omosessuale su László, scena della quale non si comprende il vero senso e che rischia di fuorviare lo spettatore dalla trama. Ma tra le cose migliori del film c'è il cast, che comprende grandi attori come Adrien Brody (dato per favorito alla vittoria finale degli Oscar, a meno che le polemiche sull'utilizzo dell'Intelligenza Artificiale per migliorare il suo accento ungherese non abbiano il sopravvento, favorendo in questo caso Timothée Chalamet). Svetta tra gli altri soprattutto  un grande Guy Pearce, che incarna perfettamente la durezza di un personaggio complesso come Harrison Lee Van Buren.

The Brutalist è uno dei film più attesi di questa stagione cinematografica e si può dire che per certi versi ha confermato le  alte aspettative e per altri no. Di certo non si può negare che sia un  film interessante e ciò che resta più impresso  è  come utilizzi l'architettura come metafora della vita.

Vergogna!


Voto: 3,5/5




martedì 4 febbraio 2025

"Tutta la musica che hai dentro", di Edward Underhill

 


TITOLO: Tutta la musica che hai dentro

TITOLO ORIGINALE: Always the Almost

AUTORE: Edward Underhill

CaSA EDITRICE: DeA

GENERE: Narrativa LGBTQIA+ contemporanea young adult con romance MM

PAGINE: 432

DATA DI PUBBLICAZIONE: 15 ottobre 2024

PREZZO EBOOK: € 9,99

PREZZO CARTACEO: € 17,90



TRAMA



Miles Jacobson ha sedici anni, suona il pianoforte ed è un ragazzo trans. La notte di Capodanno, durante un pigiama party con le sue migliori amiche, Rachel e Paige, promette a se stesso di realizzare due propositi. Riconquistare Shane, il fidanzato di quando Miles era ancora Melissa. E vincere la Tri-State Competition suonando Tchaikovsky. Ma Shane, dopo il coming out e il cambiamento di Miles, sembra irraggiungibile, e la nuova insegnante di pianoforte è rigida, non capisce, non empatizza, le sue domande così personali e bizzarre sul rapporto di Miles con la musica e con se stesso lo feriscono. Miles ce la mette tutta per tenere in piedi il suo nuovo mondo, ma per lui non c'è nulla di facile. Poi arriva Eric. È carino, è gentile, è queer. È... tutto quello che Miles stava aspettando, forse. Perché allora tutto continua a sembrargli così sbagliato?



RECENSIONE



Sono Miles. Sono trans. Sono gay. Questa musica mi appartiene.



Avevo bisogno di una storia dolce ma potente per celebrare chi persone senza scrupoli e assetate di potere vorrebbero far sparire, perciò ho scelto il libro che mi ha regalato Vincent Vega per Natale. A Upton, nel Wisconsin, vive Miles Jacobson, 16 anni, un pianista gay e transgender. Durante la notte di Capodanno fa due buoni propositi: riconquistare Shane (suo ex ragazzo nonché stella della squadra di football), che lo ha lasciato due settimane dopo il coming out come transgender, e battere l'odioso rivale Cameron alla Tri-State Competition suonando il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 di Tchaikovsky. Ci sono però due problemi: Shane continua a ignorarlo, e la sua nuova insegnante di pianoforte, oltre ad essere molto severa,  lo pone di fronte a domande esistenziali che lo mettono in difficoltà, per esempio perché suoni? o chi sei davvero? Poi un bel giorno, dopo essersi esercitato nell'auditorium della scuola, incontra Eric Mendez, un aspirante fumettista di discendenza messicana appena trasferito da Seattle, che al momento di presentarsi gli chiede i suoi pronomi. I due diventano subito amici, e ben presto, dopo aver finto di stare insieme per farsi invitare a una prestigiosa festa di San Valentino, arriva il bacio destinato a cambiare ogni cosa. Ma la strada verso la felicità è ancora tutta in salita.

Sono felice di affermare che le mie aspettative sono state superate, e che Tutta la musica che hai dentro si è rivelato un romanzo dolcissimo e potente, nonché il più bello  che ho letto in questo primo mese del 2025. Innanzitutto vorrei mandare un forte abbraccio all'autore, che con una scrittura ottima e coinvolgente ha saputo dar vita a una storia tenera, toccante e piena di gioia, tra i cui cardini principali c'è la musica, in particolare quella classica. Sono sempre stata convinta che questa forma d'arte esista perché ci sono sentimenti ed emozioni troppo grandi per essere espressi a parole, e nel libro non fa eccezione. È proprio grazie alla musica che Miles, un protagonista in ci si riesce a calare completamente, può esprimere se stesso fino in fondo e sentirsi completo senza bisogno di dare spiegazioni a chicchessia, e ritengo che le sequenze in cui suona il pianoforte siano tra le migliori, perchè sono molto evocative e riescono a farti sentire ciò che prova lui. È un ragazzo perfettamente imperfetto, commette errori perché spesso il suo dolore gli impedisce di riconoscere e di rispondere in modo adeguato a quello degli altri, ma è bellissimo vederlo comprendere dove ha sbagliato, fare di tutto per rimediare e assistere al suo percorso di crescita sia umana sia artistica. Anche gli altri personaggi intorno a lui sono caratterizzati alle perfezione (compresi il padre e la madre Miles, che pur non essendo delle cattive persone, devono uno lavorare su ciò che prova e l'altra non limitare il supporto alla sola identità di genere del figlio) e il mio preferito in assoluto è Eric, una sorta di Taylor Zakhar Perez in miniatura, non solo per le ciglia perfette e la fossetta: è divertente, gentile, premuroso, capisce Miles, lo vede per quello che è davvero, lo sostiene e lo ama. La loro storia d'amore non è priva difficoltà, anzi, ci sono dei momenti in cui vorresti dare una bella tirata alle orecchie del pianista perchè si dia una svegliata, ma è deliziosa e sa scaldare il cuore. Vorrei tanto che ci fossero fanart.






L'amore può trascendere cose come i capelli corti, i vestiti e i pronomi e vederti per ciò che sei davvero. E crederti sulla parola. E abbracciare la tua vera essenza.


Non mancano momenti pesanti, che comprendono ad esempio l'uso di un linguaggio offensivo e le sue ripercussioni, e altri elementi che, in caso di necessità, potete verificare sul sito dell'autore. Ma posso assicurarvi che questo romanzo è pieno di gioia. È il romanzo di due ragazzi che cercano di trovare loro stessi a dispetto di tutto e tutti. È un romanzo che parla della gioia che provi quando abbracci la tua vera essenza e ti rendi conto che sei abbastanza così come sei. È il romanzo di chi riscrive la propria storia e ha il coraggio di scegliere di vivere in modo spudorato e trionfale. Ma soprattutto, è una lettera d'amore alla musica e alle persone queer e transgender, che come ribadisce l'autore meritano tutta la gioia possibile, alla facciaccia di chi cerca di cancellarle e di negarne l'esistenza. E permettetemi di dirlo, oggi più che mai c'è un gran bisogno di storie come questa: storie transgender raccontate da autori transgender, storie felici, piene d'amore e speranza e rispettose, non come certe produzioni razziste e transfobiche di registi umanamente terribili che lasciano messaggi tossici e mancano completamente di rispetto a ben più di una comunità (riuscendo, malgrado gli orrori sopracitati, ad aggiudicarsi una vagonata di nomination per i premi cinematografici). E io sono tanto felice e grata che questa storia esista.

Tutta la musica che hai dentro è un romanzo meraviglioso e gioioso che stringe il cuore in un caldo abbraccio, un romanzo più necessario che mai. Mando i miei più sinceri complimenti e un altro forte abbraccio a Edward Underhill, di cui spero di leggere altri libri al più presto. E se tra voi c'è qualche Miles: non siete soli. Meritate di essere amati e felici, e siete abbastanza, così come siete. Non permettete a niente e a nessuno di farvi credere il contrario. Vi voglio bene.



Sono sempre stato reale, e tu sei sempre stato in grado di vederlo.



VOTO: 5/5








lunedì 3 febbraio 2025

Emilia Pérez

 

TITOLO: Emilia Pérez

TITOLO ORIGINALE: Emilia Pérez

ANNO DI PRODUZIONE: 2024

CASA DI DISTRIBUZIONE: Lucky Red

PAESE DI PRODUZIONE: Francia

GENERE: musicale, drammatico, thriller, commedia

REGIA: Jacques Audiard

CAST: Karla Sofía Gascón, Zoe Saldana, Selena Gomez, Édgar Ramírez, Adriana Paz, Mark Ivanir, Eduardo Aladro.

DURATA: 132 minuti 


TRAMA

Rita è un avvocato al servizio di un grande studio messicano, più interessato a scagionare i criminali che a consegnarli alla giustizia. Un giorno riceve un'offerta del tutto inaspettata: aiutare un potente boss del cartello messicano della droga a ritirarsi dai suoi loschi affari  e a sparire per sempre. L'uomo ha in mente di attuare un desiderio che vuole realizzare da anni: diventare una donna. Insoddisfatta del suo posto di lavoro, Rita accetta coraggiosamente questo incarico, ignara del fatto che questa decisione cambierà la vita di tanti per sempre.


RECENSIONE 

Dottore: Così il suo cliente non ha un nome? - Rita: Desidera rimanere anonimo. Se non ha intenzione di accettare non le conviene parlargli. Ascoltare è accettare.
 
A quasi sette anni dall'uscita del western I Fratelli Sisters, con protagonista Joaquin Phoenix, il regista francese Jacques Audiard torna con un musical ambientato nel mondo del narcotraffico messicano, mettendo insieme due generi come  il gangster e il musical, che in apparenza hanno poco in comune.

Un boss di un cartello messicano, pentito di tutti i terribili crimini che ha commesso, decide di attuare il suo piano di cambiare genere, diventando così una donna, con l'aiuto del suo avvocato Rita Moreno Castro, per poi scomparire. Con una certa audacia Audiard sceglie di non utilizzare i noiosi stereotipi politicamente corretti che stanno di recente invadendo tutte le produzioni con personaggi LGBT, sopratutto a Hollywood. Ci offre invece una visione originale, sfruttando soprattutto un cast ben caratterizzato, che nonostante sia colmo di attori che non hanno mai recitato a Broadway, come ad esempio  Zoe Saldana e Selena Gomez, riescono a realizzare un musical cantato benissimo. 


 

Bingo.

Jacques Audiard con  Emilia Pérez decide di ignorare e di sovvertire ogni regola canonica del musical, in particolare quelli americani come Wicked, giusto per citare un lungometraggio recente, riuscendo così a dare un proprio stile personale alla pellicola.  Emilia Pérez è un film con una forte connotazione estetica e forse a tratti lo è persino troppo, ad esempio con una fotografia molto graffiante, che però toglie importanza alla trama in alcuni momenti.

Emilia Pérez ha ricevuto ben tredici nomine ai prossimi Oscar, il che è forse un pò eccessivo, perché  certamente parliamo di un ottimo film ma non di un capolavoro. Detto questo ciò che rimane maggiormente impresso di questa opera è come efficacemente ribalta certe regole tipiche del genere cinematografico a cui appartiene.

Rita:  Sei tu? - Emilia: Bingo


Voto: 3,5/5





Mickey 17

  TITOLO : Mickey 17 TITOLO ORIGINALE : Mickey 17 ANNO DI PRODUZIONE :  2025 PAESE DI PRODUZIONE : Stati Uniti d'America, Regno Unito GE...